I tre percorsi che la Castagna Bike on the Road propone sono disegnati per assecondare tutti i livelli per un escursionismo a ruote strette aperto a tutti.
Tutti e tre gli itinerari condividono una partenza in una località di grande fascino come il Borgo medievale di Filetto, perché Castagna Bike on the Road è anche un’opportunità per vivere il territorio addentrandosi nei centri storici, per pedalare nella natura e nella storia.
I chilometri iniziali saranno condivisi dalle tre tracce e dopo l’uscita dal Borgo l’asfalto vi porterà verso un altro centro a forte caratterizzazione medievale. Bagnone sarà il secondo nucleo abitativo che verrà attraversato, l’andatura passa in secondo piano rispetto alla ricchezza di un contesto urbanistico in cui si può osservare un altro castello di epoca medievale. È solo l’inizio ma a pedalate lente si potrà osservare piacevolmente tratti di attraversamento dei borghi. L’asfalto che segue è il classico mangia e bevi, qui un tratto tira l’altro, si attraversa ancora Panicale e giunti a Licciana Nardi le strade si divideranno, dovrete scegliere: CORTO, MEDIO o LUNGO? 35, 50 o 80 chilometri? Senza crono, saranno solo le vostre gambe e la sete di scoperta a darvi una risposta…
Il percorso CORTO esce dal Borgo di Filetto con lo scopo di affrontare un anello di 35 km sulle strade di campagna dalle pendenze più dolci, inclusa una leggera discesa di 3 km in quella che rappresenta la parte centrale di questo anello. I paesaggi saranno variegati e dopo la deviazione che vi immetterà nella traccia riservata al corto, a tratti sembrerà di trovarsi nelle colline del Chianti, in un contesto agreste, aperto e ondulato. A farla da padrona saranno i vigneti di Castel del Piano, nome dell’omonimo vino, nome non casuale perché il Castello c’è e sarà più vicino di quanto possiate pensare. Il ristoro di Monti dista solo poche pedalate, è il giro di boa che avverrà solo dopo aver saggiato le delizie proposte in una degustazione non certamente convenzionale.
La seconda parte è di nuovo un vallonato dalle discese brevi e salitelle sincere, si attraversano Amola, Merizzo e Virgoletta, un altro dei centri medievali di questo itinerario, l’imponente casa torre appartenuta alla famiglia Malaspina vi saluterà dall’alto. Lo step successivo è unicamente far scorrere i copertoncini di nuovo all’interno di Filetto.
Nel borgo è visibile l’impianto originario, oggi la piazza di Sopra, strutturato in forma quadrilatera e difeso da quattro torri cilindriche, di cui una ancora perfettamente individuabile. Il primo nucleo, venute meno le funzioni militari, venne adattato a residenza fortificata ed in seguito esteso, con ripetuti interventi fino al XVII secolo.
Al borgo si accede da due porte monumentali, di cui la porta Sud del XVI secolo, rifatta nel 1700 con bugnato a punta di diamante. Sulla piazza della chiesa dedicata ai Santi Filippo e Giacomo si trova il Palazzo dei Marchesi Ariberti, massiccio edificio seicentesco unito al borgo e alla chiesa da due eleganti passaggi aerei di collegamento, e sul lato opposto della piazza il Convento dei Frati Ospitalieri, vasto complesso del XVII secolo, con un bel chiostro interno in parte distrutto e rimaneggiato.
Nelle vicinanze del borgo si trova l’oratorio di San Genesio del XVI secolo, nella misteriosa selva di Filetto, nella quale sembra si svolgessero feste e incontri tribali già nella preistoria e dove sono state rinvenute numerose statue stele.
Il borgo si staglia su uno sperone roccioso, immerso in un fitto bosco di pini e querce. Di origini medievali, Bagnone ha avuto una grande importanza grazie alla posizione strategica, considerato che sorge all’incrocio di vie di comunicazione importanti. Il piccolo borgo vanta inoltre una lunga tradizione di coltivazione della cipolla nella zona di Treschietto, da cui prende il nome. Il territorio di Bagnone, in Lunigiana, fu abitato sin dall’età della pietra e il ritrovamento di una statua stele a Treschietto dimostra la presenza umana durante l’età del bronzo. Bagnone viene nominato per la prima volta in un documento del 963 e il nome del paese si fa risalire al nome dell’omonimo torrente che scorreva non lontano dal castello, nucleo originario dell’abitato.
Alle origini il termine Bagnone indicava la roccaforte e l’agglomerato di case sorte attorno al castello, edificato sulla sinistra del torrente Bagnone, dal quale la località prese il nome e la cui torre circolare era in comunicazione visiva con analoghe strutture fortificate (Groppoli, Mulazzo, Malgrate), a controllo della viabilità del fondovalle lungo il fascio viario della via Francigena.
La prima notizia documentata di Bagnone, sorto appunto come castello sovrastante l’antico borgo di Gutula (che in seguito inglobò), è contenuta in una bolla papale del 1148.
Sotto il controllo dei marchesi Malaspina, Bagnone divenne feudo indipendente nel 1351. Un secolo dopo entrò a far parte del territorio della Repubblica di Firenze e in seguito del Granducato di Toscana e vi rimase fino al periodo napoleonico.
Nel 1815 tornò sotto il Granducato di Toscana, ma nel 1849 fu annesso al ducato di Parma e vi rimase fino all’Unità d’Italia nel 1859.
Meritano sicuramente una visita il Museo della Memoria, la chiesa di San Niccolò, l’Oratorio di San Terenzio e il Castello di Bagnone e quello di Treschietto.
Dell’antica chiesa parrocchiale rimangono i ruderi di una torre e muri perimetrali, mentre la nuova chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Andrea Apostolo, venne costruita tra il 1920 e il 1933, mentre il campanile è del 1976.In stile neoromanico, con blocchi di arenaria in fasce orizzontali, conserva alcune pietre provenienti dalla vecchia chiesa, così come l’acqua santiera, il fonte battesimale, il pulpito e la statua di Sant’Andrea.
Gabbiana faceva parte del feudo di Castiglione del Terziere.
La chiesa attuale intitolata a Sant’Andrea è del 1600, ristrutturata dopo il terremoto del 1920, con una bianca facciata intonacata, portale con arco a sesto acuto e rosone circolare. L’interno è conserva affreschi dell’artista novecentesco lunigianese Tiziano Triani.
Fanno parte della frazione, le località di Busseto, Pregnacca, Il Pradaccio e Al Muraglione. Forse Lusana seguì le stesse vicende di Gabbiana, sotto il dominio di Castiglione del Terziere, fino a far parte del Comune di Bagnone.
Della fortificazione del paese si occuparono i Malaspina succeduti ai Maregnano. Nel 1535 Licciana, per privilegio imperiale, appare unica signoria del marchesato di Villafranca. Sulla piazza principale si affaccia il castello, trasformato nei secoli XV e XVI in palazzo fortificato e sede residenziale, oggi si presenta come un palazzo signorile di foggia cinquecentesca, collegato con un passaggio sopraelevato al matroneo della chiesa.
Il sistema delle antiche fortificazioni di Licciana comprendeva la rocca e un ampio giro di mura bastionate e turrite, ancora in paret superstiti, e un fortilizio sull’opposta sponda del Taverone, chiamato castello di Piano, interessante esempio di architettura militare.Il borgo che risale al XIII secolo presenta portali in arenaria di buona fattura e sfocia nella piazza del Municipio dove si trova il monumento ossario di Anacarsi Nardi. Di fronte la chiesa parrocchiale dedicataai Santi Giacomo e Cristoforo che fu distrutta dal Marchese Giacomo Malaspina. La ricostruzione terminata nel 1705 presenta una pianta a croce greca al cui centro si eleva la cupola.
L’origine del borgo di Licciana, situato nella stretta valle del Taverone, è da correlarsi alla presenza dell’importante direttrice di transito di fondovalle che, detta “Strata Lizane” o via di Linari, collegava i territori d’oltre Appennino alla media Val di Magra. Secondo le indagini di Ubaldo Formentini, solo nel secolo XIII furono incrementati i transiti viari nella valle del Taverone che favorirono la nascita del borgo di Licciana:”… Nel corso del secolo XIII la strada di Linari sgombrata dalle piccole signorie di derivazione estense che precedentemente s’erano infittite sul suo percorso e venuta sotto il governo unitario dei grandi marchesati malaspiniani fu riaperta ai traffici cittadini, forse primamente per opera dei Lucchesi”. Al 1255 risalgono le prime memorie scritte relative al toponimo Licciana. Sempre secondo le indagini del Formentini anteriormente al sec.XIII Licciana sarebbe stato uno dei villaggi che formavano il vico di San Valeriano, cappella dipendente dalla pieve di Venelia e documentata dalle decime degli anni 1297-1299. La cappella, ricordata negli estimi del 1470-71, sarebbe identificabile con la cappella cimiteriale di San Rocco costruita con un paramento murario romanico, successivamente intonacato. L’importanza del borgo in dipendenza del percorso viario portò ad un rapido sviluppo edilizio ed economico, lo stesso che spinse i Malaspina a fortificare tra i secc. XIV e XV l’intero nucleo abitato. Sembra risalire infatti al secolo XV la torre che fronteggia la strada provinciale, ultima testimonianza di una complessa e articolata cinta muraria. La documentazione scritta rivela che a partire dagli inizi del secolo XIV i Malaspina esercitarono a Licciana la riscossione di gabella, che divenne particolarmente esosa nei secoli successivi. Con l’indipendenza del feudo di Licciana e con il ridimensionamento dei territori da esso dipendenti, i rapporti tra i marchesi divennero particolarmente tesi. In una relazione della seconda metà del settecento di Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena si trova: “Le disunioni che seguono in campagna derivano dalla gente dei feudi, che è assai cattiva e malcontenta dei feudatari, in specie del conte di Richecourt e del marchese Malaspina di Licciana”
Il toponimo deriva dalla presenza di un antico ponte, il cui nome è legato a quello di un personaggio, Boso o Bosio, forse facente parte di quella nobile famiglia che ebbe la propria residenza nel borgo della Verrucola, presso Fivizzano.
Nella piazza sorge il castello (1600) già residenza signorile, seminario, scuola media, lascia ancora intuire il suo passato di struttura militare. La chiesa parrocchiale, in stile barocco, fu costruita da Ferdinando Malaspina in sostituzione del vecchio oratorio. Davanti, a ridosso della strada c’è il castello di Poderetto, costruito dai Malaspina di Podenzana. Dal borgo, passando sotto la “vota” ( volta ) si arriva all’antico mulino, le cui macine, ora inattive sono disposte all’intorno. Sul fiume quel che resta di una antica cartiera.
Dell’edificio medioevale, ampliato e trasformato in dimora signorile, con facciata seicentesca, si sono conservati resti importanti: la porta, con tracce del ponte levatoio, due torri e parte delle mura.
Il castello è costituito da un grosso corpo di fabbrica pseudo rettangolare sul quale si innestano tre torri cilindriche e una quadrangolare. Nel versante orientale due semitorri cilindriche svolgono la funzione di torri di fiancheggiamento, mentre sul prospetto rivolto verso la Magra si trova una grande torre a base circolare, considerata da Ubaldo Formentini un domignone, ed una quadrangolare che sorvegliava l’accesso al castello sottoposto al passaggio di un ponte levatoio. Le strutture visibili all’esterno del castello sembrano risalire in prevalenza ai secoli XV -XVI e forse alcune di esse potrebbero essere datati al 1465, quando i marchesi di Villafranca ricostruiscono il castello con l’aiuto degli uomini di Licciana e Panicale. Agli inizi del secolo successivo sembrerebbero risalire le due torri cilindriche di fiancheggiamento che ricordano nella forma e nella tecnica costruttiva quelle del castello di Bastia facente parte, nel secolo XVI dello stesso feudo di Monti.
Appartenuta ai Corbellari (per cui anche il nome “Verrucola Corbellariorum”), subfeudatari degli Obertenghi, attorno all’XI e XII secolo, entrò tra i domini dei Malaspina dello Spino Secco. La prima notizia documentata di Virgoletta risale appunto a questo periodo, nell’atto di divisione tra i Malaspina dello Spino Secco nel 1275. In questo secolo, vennero innalzate mura alte più di dieci metri.
Cominciò a formarsi anche il borgo con bei portali e finestre in pietra arenaria, sulla via che taglia il crinale della collina. Nel 1449 Virgoletta cade in mano di Galeotto Campofregoso, sotto la quale rimarrà fino al 1471, per poi tornare ai Malaspina.
Il borgo si sviluppa in senso verticale lungo la strada principale lastricata. Su una piccola piazza si trova la chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, con all’interno un altare maggiore decorato su tre lati da bassorilievi di scuola berniniana ed il trittico marmoreo che adorna la parete interna dell’abside.
Il castello di Virgoletta si trova al culmine della collina e chiude la strada detta dei Calzolai. É formato da corpi di fabbrica riuniti ma edificati in tempi diversi. La parte più antica, risalente al periodo premalaspiniano, è costituita dalla grande torre quadrata del maschio, nella cui base si vede in un architrave un bassorilievo raffigurante un intreccio iconografico longobardo, e da alcuni locali contigui. Gli edifici successivi sono quanto restano del palazzo signorile edificato alla metà del Quattrocento dai Campofregoso e in seguito abbellito dai Malaspina.
Virgoletta si trova a 2 km e mezzo da Villafranca, in direzione di Bagnone.
Il MEDIO è quel percorso che fa calare nella parte i cicloescursionisti delle ruote strette. Occhiali sempre indosso, casco in pendant con i calzini e quella voglia di sfidare sé stessi. Sarà dopo l’abitato di Licciana Nardi che il MEDIO entrerà nel vivo, il primo tratto dopo il bivio è un saliscendi ritmato in cui tenere la presa bassa sul manubrio. I primi centri abitati che si ritrovano sono quelli di Bigliolo e Serricciolo, coltivazioni di fagioli faranno da sfondo in questo tratto. Da Serricciolo il percorso si inasprirà, con una strada totalmente isolata e perfetta per calarsi nello scalatore che è dentro di voi, saranno 2 km con pendenze vere anche oltre al 10%, all’interno di una salita di 6 km per arrivare in località Olivola. Si riscende fino a Quercia, dove sarà collocato il ristoro tipico del percorso MEDIO, per poi dirigersi verso Monti di Licciana e riallacciarsi alla parte finale del CORTO, condividendone l’ultimo tratto.
Lunghezza | 50 km |
Dislivello | 1.000 mt |
Difficoltà | ✪✪ |

Nel borgo è visibile l’impianto originario, oggi la piazza di Sopra, strutturato in forma quadrilatera e difeso da quattro torri cilindriche, di cui una ancora perfettamente individuabile. Il primo nucleo, venute meno le funzioni militari, venne adattato a residenza fortificata ed in seguito esteso, con ripetuti interventi fino al XVII secolo.
Al borgo si accede da due porte monumentali, di cui la porta Sud del XVI secolo, rifatta nel 1700 con bugnato a punta di diamante. Sulla piazza della chiesa dedicata ai Santi Filippo e Giacomo si trova il Palazzo dei Marchesi Ariberti, massiccio edificio seicentesco unito al borgo e alla chiesa da due eleganti passaggi aerei di collegamento, e sul lato opposto della piazza il Convento dei Frati Ospitalieri, vasto complesso del XVII secolo, con un bel chiostro interno in parte distrutto e rimaneggiato.
Nelle vicinanze del borgo si trova l’oratorio di San Genesio del XVI secolo, nella misteriosa selva di Filetto, nella quale sembra si svolgessero feste e incontri tribali già nella preistoria e dove sono state rinvenute numerose statue stele.
Il borgo si staglia su uno sperone roccioso, immerso in un fitto bosco di pini e querce. Di origini medievali, Bagnone ha avuto una grande importanza grazie alla posizione strategica, considerato che sorge all’incrocio di vie di comunicazione importanti. Il piccolo borgo vanta inoltre una lunga tradizione di coltivazione della cipolla nella zona di Treschietto, da cui prende il nome. Il territorio di Bagnone, in Lunigiana, fu abitato sin dall’età della pietra e il ritrovamento di una statua stele a Treschietto dimostra la presenza umana durante l’età del bronzo. Bagnone viene nominato per la prima volta in un documento del 963 e il nome del paese si fa risalire al nome dell’omonimo torrente che scorreva non lontano dal castello, nucleo originario dell’abitato.
Alle origini il termine Bagnone indicava la roccaforte e l’agglomerato di case sorte attorno al castello, edificato sulla sinistra del torrente Bagnone, dal quale la località prese il nome e la cui torre circolare era in comunicazione visiva con analoghe strutture fortificate (Groppoli, Mulazzo, Malgrate), a controllo della viabilità del fondovalle lungo il fascio viario della via Francigena.
La prima notizia documentata di Bagnone, sorto appunto come castello sovrastante l’antico borgo di Gutula (che in seguito inglobò), è contenuta in una bolla papale del 1148.
Sotto il controllo dei marchesi Malaspina, Bagnone divenne feudo indipendente nel 1351. Un secolo dopo entrò a far parte del territorio della Repubblica di Firenze e in seguito del Granducato di Toscana e vi rimase fino al periodo napoleonico.
Nel 1815 tornò sotto il Granducato di Toscana, ma nel 1849 fu annesso al ducato di Parma e vi rimase fino all’Unità d’Italia nel 1859.
Meritano sicuramente una visita il Museo della Memoria, la chiesa di San Niccolò, l’Oratorio di San Terenzio e il Castello di Bagnone e quello di Treschietto.
Dell’antica chiesa parrocchiale rimangono i ruderi di una torre e muri perimetrali, mentre la nuova chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Andrea Apostolo, venne costruita tra il 1920 e il 1933, mentre il campanile è del 1976.In stile neoromanico, con blocchi di arenaria in fasce orizzontali, conserva alcune pietre provenienti dalla vecchia chiesa, così come l’acqua santiera, il fonte battesimale, il pulpito e la statua di Sant’Andrea.
Gabbiana faceva parte del feudo di Castiglione del Terziere.
La chiesa attuale intitolata a Sant’Andrea è del 1600, ristrutturata dopo il terremoto del 1920, con una bianca facciata intonacata, portale con arco a sesto acuto e rosone circolare. L’interno è conserva affreschi dell’artista novecentesco lunigianese Tiziano Triani.
Fanno parte della frazione, le località di Busseto, Pregnacca, Il Pradaccio e Al Muraglione. Forse Lusana seguì le stesse vicende di Gabbiana, sotto il dominio di Castiglione del Terziere, fino a far parte del Comune di Bagnone.
Della fortificazione del paese si occuparono i Malaspina succeduti ai Maregnano. Nel 1535 Licciana, per privilegio imperiale, appare unica signoria del marchesato di Villafranca. Sulla piazza principale si affaccia il castello, trasformato nei secoli XV e XVI in palazzo fortificato e sede residenziale, oggi si presenta come un palazzo signorile di foggia cinquecentesca, collegato con un passaggio sopraelevato al matroneo della chiesa.
Il sistema delle antiche fortificazioni di Licciana comprendeva la rocca e un ampio giro di mura bastionate e turrite, ancora in paret superstiti, e un fortilizio sull’opposta sponda del Taverone, chiamato castello di Piano, interessante esempio di architettura militare.Il borgo che risale al XIII secolo presenta portali in arenaria di buona fattura e sfocia nella piazza del Municipio dove si trova il monumento ossario di Anacarsi Nardi. Di fronte la chiesa parrocchiale dedicataai Santi Giacomo e Cristoforo che fu distrutta dal Marchese Giacomo Malaspina. La ricostruzione terminata nel 1705 presenta una pianta a croce greca al cui centro si eleva la cupola.
L’origine del borgo di Licciana, situato nella stretta valle del Taverone, è da correlarsi alla presenza dell’importante direttrice di transito di fondovalle che, detta “Strata Lizane” o via di Linari, collegava i territori d’oltre Appennino alla media Val di Magra. Secondo le indagini di Ubaldo Formentini, solo nel secolo XIII furono incrementati i transiti viari nella valle del Taverone che favorirono la nascita del borgo di Licciana:”… Nel corso del secolo XIII la strada di Linari sgombrata dalle piccole signorie di derivazione estense che precedentemente s’erano infittite sul suo percorso e venuta sotto il governo unitario dei grandi marchesati malaspiniani fu riaperta ai traffici cittadini, forse primamente per opera dei Lucchesi”. Al 1255 risalgono le prime memorie scritte relative al toponimo Licciana. Sempre secondo le indagini del Formentini anteriormente al sec.XIII Licciana sarebbe stato uno dei villaggi che formavano il vico di San Valeriano, cappella dipendente dalla pieve di Venelia e documentata dalle decime degli anni 1297-1299. La cappella, ricordata negli estimi del 1470-71, sarebbe identificabile con la cappella cimiteriale di San Rocco costruita con un paramento murario romanico, successivamente intonacato. L’importanza del borgo in dipendenza del percorso viario portò ad un rapido sviluppo edilizio ed economico, lo stesso che spinse i Malaspina a fortificare tra i secc. XIV e XV l’intero nucleo abitato. Sembra risalire infatti al secolo XV la torre che fronteggia la strada provinciale, ultima testimonianza di una complessa e articolata cinta muraria. La documentazione scritta rivela che a partire dagli inizi del secolo XIV i Malaspina esercitarono a Licciana la riscossione di gabella, che divenne particolarmente esosa nei secoli successivi. Con l’indipendenza del feudo di Licciana e con il ridimensionamento dei territori da esso dipendenti, i rapporti tra i marchesi divennero particolarmente tesi. In una relazione della seconda metà del settecento di Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena si trova: “Le disunioni che seguono in campagna derivano dalla gente dei feudi, che è assai cattiva e malcontenta dei feudatari, in specie del conte di Richecourt e del marchese Malaspina di Licciana”
La frazione o località di Cuccarello I dista 1,46 chilometri dal medesimo comune di Licciana Nardi di cui essa fa parte.
Le prime notizie del paese risalgono al 1181, quando Ranieri e Guido di Ugo de Biliaulo fecero un atto di donazione al monastero di Monte dei Bianchi. Bigliolo e il suo castello seguirono poi il destino della grande maggioranza del resto della Lunigiana. Fu possessione dei Malaspina, seguendo le sorti del castello di Olivola fino al 1413, quando la dinastia di questo feudo si estinse. Venne quindi annesso al feudo del Castel dell’aquila di Gragnola. Il ramo di Gragnola si estinse però nel 1466 e Bigliolo passò al feudo di Fosdinovo fino al 1510, quando si ricostituì la nuova dinastia dei marchesi di Olivola sotto la guida di Lazzaro, che durò fino al 1797, con la soppressione del feudalesimo.
Il paese si sviluppa lungo la strada, con l’imponente chiesa di San Donato isolata all’inizio dell’abitato, in località Cododolo. Sempre in posizione isolata, ma dalla parte opposta, si trovano i ruderi del castello di Bigliolo, di cui oggi rimangono la cinta muraria con le torri, completamente avvolte dalla vegetazione. Entrò in decadenza avendo perso nei secoli le caratteristiche difensive adeguate ai tempi e venne assaltato da Giovanni delle Bande Nere nel suo tentativo di conquista della Lunigiana all’inizio del 1500.In paese sono numerose le immagini sacre di marmo, le maestà dei secoli XVII-XIX poste a protezione della case e delle strade. Bigliolo è anche famoso per una specialità gastronomica, il fagiolo di Bigliolo, grazie al clima, al terreno fertile e alla qualità dell’acqua dei torrenti.
Poco fuori Bigliolo si alza su una collinetta l’ oratorio di Castagnola, oratorio della Santissima Vergine di Loreto. Costruito nel XVIII secolo, presenta nella facciata novecentesca una bifora con archi ogivali e interno con altare barocco.
Guardando verso nord è possibile scorgere il Piano di Collecchia con l’Arcinaso, verso est il colle del “Montale” e la zona di “Bargia”, verso ovest tutta la valle di Serricciolo e Pallerone, e i paesi di Podenzana e Bibola, mentre a sud si nota il paese di Ceserano e una magnifica vista delle Alpi Apuane.
Il paese si fece conoscere nel Medioevo per via della strada denominata “del Sale”, della quale Collecchia era una dogana. Della vecchia Collecchia rimangono oggi solo alcune parti delle torri difensive, a testimonianza dell’antico borgo fortificato.
Nel 1551 il paese contava 195 abitanti, 109 nel 1745, 180 nel 1833, e 241 nel 1845. La popolazione di Collecchia si è poi suddivisa negli abitati di Montevallese e di Piano delle Fabbriche, denominato poi Piano di Collecchia.
La chiesa di Santa Lucia è il principale luogo di ritrovo del paese, edificata nel XVIII secolo. Il campanile, che conserva la sua antichità, fu eretto da una delle vecchie torri. All’interno della chiesa troviamo una statua del XV secolo raffigurante santa Lucia in marmo bianco di Carrara.
Il patrono è Santa Lucia e il giorno festivo è il 13 dicembre.
La frazione o località di Valenza dista 4,33 chilometri dal medesimo comune di Aulla di cui essa fa parte.
Dell’edificio medioevale, ampliato e trasformato in dimora signorile, con facciata seicentesca, si sono conservati resti importanti: la porta, con tracce del ponte levatoio, due torri e parte delle mura.
Il castello è costituito da un grosso corpo di fabbrica pseudo rettangolare sul quale si innestano tre torri cilindriche e una quadrangolare. Nel versante orientale due semitorri cilindriche svolgono la funzione di torri di fiancheggiamento, mentre sul prospetto rivolto verso la Magra si trova una grande torre a base circolare, considerata da Ubaldo Formentini un domignone, ed una quadrangolare che sorvegliava l’accesso al castello sottoposto al passaggio di un ponte levatoio. Le strutture visibili all’esterno del castello sembrano risalire in prevalenza ai secoli XV -XVI e forse alcune di esse potrebbero essere datati al 1465, quando i marchesi di Villafranca ricostruiscono il castello con l’aiuto degli uomini di Licciana e Panicale. Agli inizi del secolo successivo sembrerebbero risalire le due torri cilindriche di fiancheggiamento che ricordano nella forma e nella tecnica costruttiva quelle del castello di Bastia facente parte, nel secolo XVI dello stesso feudo di Monti.
Appartenuta ai Corbellari (per cui anche il nome “Verrucola Corbellariorum”), subfeudatari degli Obertenghi, attorno all’XI e XII secolo, entrò tra i domini dei Malaspina dello Spino Secco. La prima notizia documentata di Virgoletta risale appunto a questo periodo, nell’atto di divisione tra i Malaspina dello Spino Secco nel 1275. In questo secolo, vennero innalzate mura alte più di dieci metri.
Cominciò a formarsi anche il borgo con bei portali e finestre in pietra arenaria, sulla via che taglia il crinale della collina. Nel 1449 Virgoletta cade in mano di Galeotto Campofregoso, sotto la quale rimarrà fino al 1471, per poi tornare ai Malaspina.
Il borgo si sviluppa in senso verticale lungo la strada principale lastricata. Su una piccola piazza si trova la chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, con all’interno un altare maggiore decorato su tre lati da bassorilievi di scuola berniniana ed il trittico marmoreo che adorna la parete interna dell’abside.
Il castello di Virgoletta si trova al culmine della collina e chiude la strada detta dei Calzolai. É formato da corpi di fabbrica riuniti ma edificati in tempi diversi. La parte più antica, risalente al periodo premalaspiniano, è costituita dalla grande torre quadrata del maschio, nella cui base si vede in un architrave un bassorilievo raffigurante un intreccio iconografico longobardo, e da alcuni locali contigui. Gli edifici successivi sono quanto restano del palazzo signorile edificato alla metà del Quattrocento dai Campofregoso e in seguito abbellito dai Malaspina.
Virgoletta si trova a 2 km e mezzo da Villafranca, in direzione di Bagnone.
La novità del 2023 riguarda proprio la traccia del percorso LUNGO a cui è stato aggiunto un pizzico di pepe. Dopo aver assaggiato la Pattona di Agnino e le sue pendenze, ci si porterà verso Fivizzano ricalcando le orme della scorsa edizione sulla lingua di asfalto sperduta nel bosco. La strada quest’anno però andrà in direzione Soliera, si imbocca la salita della Madonna Pellegrina, un nuovo tratto di 1,5 chilometri di salita con un settore centrale di 500 metri al 23%. Lo strappo porterà in un altro e più spettacolare punto panoramico da cui si potranno ammirare le Alpi Apuane da vicino. Uno scorcio dedicato a coloro che hanno una forma fisica adeguata e sono allenati per lunghe distanze con dislivelli generosi
La traccia da 80 km con 1.500 metri di dislivello, riassume tutto ciò per cui lo stradista si approccia a questo sport. Paesaggi, pendenze e fatica. Un pacchetto completo che il LUNGO offrirà a coloro che cercano la sfida vera. I 1.500 metri si accumulano in più tranche, salite in cui far scorrere la catena sulla cassetta alla ricerca del pignone salvagamba. Sarà dopo Cuccarello, località a cui si arriverà ancora in compagnia dei pretendenti finisher del medio, che si inizierà una salita per gran parte pedalabile. Ad Agnino la sosta merenda darà spazio a un recupero che deciderete in autonomia, così come il ritmo per la successiva scalata. Ci saranno 2 km da presa alta e rapporto corto, è uno dei tratti più impegnativi della Castagna Bike on the Road, la rampa di lancio verso uno scorcio paesaggistico da cartolina. Ciò che si apre davanti agli occhi degli escursionisti su ruote strette è uno scenario aperto sui tre tenori delle Alpi Apuane: Pisanino, Pizzo d’Uccello e Monte Sagro, il contesto rilassante permetterà di perdervi con lo sguardo tra le asperità delle tre cime. Il tratto impegnativo lascia spazio a pendenze meno aspre, tra gli uliveti e piccoli paeselli sperduti.
Il secondo scoglio è rappresentato da una salita di 7 km fino a Pognana, la salita è lunga ma sempre pedalabile e da rapporto lungo, in vista questa volta c’è il GPM. Sarà a quel punto che si scenderà verso Fivizzano, una picchiata lunga e a tratti impegnativa che richiede attenzione, prima di ricongiungersi con la traccia del MEDIO. Aspetto da non sottovalutare perché in vista c’è ancora la scalata a Olivola condivisa con il percorso intermedio. In vostro soccorso, dopo essersi allacciati nuovamente con il MEDIO, verrà però anche il secondo ristoro di questa traccia, che è posizionato proprio a Quercia.
Lunghezza | 80 km |
Dislivello | 1.650 mt |
Difficoltà | ✪✪✪✪ |

Nel borgo è visibile l’impianto originario, oggi la piazza di Sopra, strutturato in forma quadrilatera e difeso da quattro torri cilindriche, di cui una ancora perfettamente individuabile. Il primo nucleo, venute meno le funzioni militari, venne adattato a residenza fortificata ed in seguito esteso, con ripetuti interventi fino al XVII secolo.
Al borgo si accede da due porte monumentali, di cui la porta Sud del XVI secolo, rifatta nel 1700 con bugnato a punta di diamante. Sulla piazza della chiesa dedicata ai Santi Filippo e Giacomo si trova il Palazzo dei Marchesi Ariberti, massiccio edificio seicentesco unito al borgo e alla chiesa da due eleganti passaggi aerei di collegamento, e sul lato opposto della piazza il Convento dei Frati Ospitalieri, vasto complesso del XVII secolo, con un bel chiostro interno in parte distrutto e rimaneggiato.
Nelle vicinanze del borgo si trova l’oratorio di San Genesio del XVI secolo, nella misteriosa selva di Filetto, nella quale sembra si svolgessero feste e incontri tribali già nella preistoria e dove sono state rinvenute numerose statue stele.
Il borgo si staglia su uno sperone roccioso, immerso in un fitto bosco di pini e querce. Di origini medievali, Bagnone ha avuto una grande importanza grazie alla posizione strategica, considerato che sorge all’incrocio di vie di comunicazione importanti. Il piccolo borgo vanta inoltre una lunga tradizione di coltivazione della cipolla nella zona di Treschietto, da cui prende il nome. Il territorio di Bagnone, in Lunigiana, fu abitato sin dall’età della pietra e il ritrovamento di una statua stele a Treschietto dimostra la presenza umana durante l’età del bronzo. Bagnone viene nominato per la prima volta in un documento del 963 e il nome del paese si fa risalire al nome dell’omonimo torrente che scorreva non lontano dal castello, nucleo originario dell’abitato.
Alle origini il termine Bagnone indicava la roccaforte e l’agglomerato di case sorte attorno al castello, edificato sulla sinistra del torrente Bagnone, dal quale la località prese il nome e la cui torre circolare era in comunicazione visiva con analoghe strutture fortificate (Groppoli, Mulazzo, Malgrate), a controllo della viabilità del fondovalle lungo il fascio viario della via Francigena.
La prima notizia documentata di Bagnone, sorto appunto come castello sovrastante l’antico borgo di Gutula (che in seguito inglobò), è contenuta in una bolla papale del 1148.
Sotto il controllo dei marchesi Malaspina, Bagnone divenne feudo indipendente nel 1351. Un secolo dopo entrò a far parte del territorio della Repubblica di Firenze e in seguito del Granducato di Toscana e vi rimase fino al periodo napoleonico.
Nel 1815 tornò sotto il Granducato di Toscana, ma nel 1849 fu annesso al ducato di Parma e vi rimase fino all’Unità d’Italia nel 1859.
Meritano sicuramente una visita il Museo della Memoria, la chiesa di San Niccolò, l’Oratorio di San Terenzio e il Castello di Bagnone e quello di Treschietto.
Dell’antica chiesa parrocchiale rimangono i ruderi di una torre e muri perimetrali, mentre la nuova chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Andrea Apostolo, venne costruita tra il 1920 e il 1933, mentre il campanile è del 1976.In stile neoromanico, con blocchi di arenaria in fasce orizzontali, conserva alcune pietre provenienti dalla vecchia chiesa, così come l’acqua santiera, il fonte battesimale, il pulpito e la statua di Sant’Andrea.
Gabbiana faceva parte del feudo di Castiglione del Terziere.
La chiesa attuale intitolata a Sant’Andrea è del 1600, ristrutturata dopo il terremoto del 1920, con una bianca facciata intonacata, portale con arco a sesto acuto e rosone circolare. L’interno è conserva affreschi dell’artista novecentesco lunigianese Tiziano Triani.
Fanno parte della frazione, le località di Busseto, Pregnacca, Il Pradaccio e Al Muraglione. Forse Lusana seguì le stesse vicende di Gabbiana, sotto il dominio di Castiglione del Terziere, fino a far parte del Comune di Bagnone.
Della fortificazione del paese si occuparono i Malaspina succeduti ai Maregnano. Nel 1535 Licciana, per privilegio imperiale, appare unica signoria del marchesato di Villafranca. Sulla piazza principale si affaccia il castello, trasformato nei secoli XV e XVI in palazzo fortificato e sede residenziale, oggi si presenta come un palazzo signorile di foggia cinquecentesca, collegato con un passaggio sopraelevato al matroneo della chiesa.
Il sistema delle antiche fortificazioni di Licciana comprendeva la rocca e un ampio giro di mura bastionate e turrite, ancora in paret superstiti, e un fortilizio sull’opposta sponda del Taverone, chiamato castello di Piano, interessante esempio di architettura militare.Il borgo che risale al XIII secolo presenta portali in arenaria di buona fattura e sfocia nella piazza del Municipio dove si trova il monumento ossario di Anacarsi Nardi. Di fronte la chiesa parrocchiale dedicataai Santi Giacomo e Cristoforo che fu distrutta dal Marchese Giacomo Malaspina. La ricostruzione terminata nel 1705 presenta una pianta a croce greca al cui centro si eleva la cupola.
L’origine del borgo di Licciana, situato nella stretta valle del Taverone, è da correlarsi alla presenza dell’importante direttrice di transito di fondovalle che, detta “Strata Lizane” o via di Linari, collegava i territori d’oltre Appennino alla media Val di Magra. Secondo le indagini di Ubaldo Formentini, solo nel secolo XIII furono incrementati i transiti viari nella valle del Taverone che favorirono la nascita del borgo di Licciana:”… Nel corso del secolo XIII la strada di Linari sgombrata dalle piccole signorie di derivazione estense che precedentemente s’erano infittite sul suo percorso e venuta sotto il governo unitario dei grandi marchesati malaspiniani fu riaperta ai traffici cittadini, forse primamente per opera dei Lucchesi”. Al 1255 risalgono le prime memorie scritte relative al toponimo Licciana. Sempre secondo le indagini del Formentini anteriormente al sec.XIII Licciana sarebbe stato uno dei villaggi che formavano il vico di San Valeriano, cappella dipendente dalla pieve di Venelia e documentata dalle decime degli anni 1297-1299. La cappella, ricordata negli estimi del 1470-71, sarebbe identificabile con la cappella cimiteriale di San Rocco costruita con un paramento murario romanico, successivamente intonacato. L’importanza del borgo in dipendenza del percorso viario portò ad un rapido sviluppo edilizio ed economico, lo stesso che spinse i Malaspina a fortificare tra i secc. XIV e XV l’intero nucleo abitato. Sembra risalire infatti al secolo XV la torre che fronteggia la strada provinciale, ultima testimonianza di una complessa e articolata cinta muraria. La documentazione scritta rivela che a partire dagli inizi del secolo XIV i Malaspina esercitarono a Licciana la riscossione di gabella, che divenne particolarmente esosa nei secoli successivi. Con l’indipendenza del feudo di Licciana e con il ridimensionamento dei territori da esso dipendenti, i rapporti tra i marchesi divennero particolarmente tesi. In una relazione della seconda metà del settecento di Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena si trova: “Le disunioni che seguono in campagna derivano dalla gente dei feudi, che è assai cattiva e malcontenta dei feudatari, in specie del conte di Richecourt e del marchese Malaspina di Licciana”
La frazione o località di Cuccarello I dista 1,46 chilometri dal medesimo comune di Licciana Nardi di cui essa fa parte.
Signoria dei Malaspina, passò alla Repubblica di Firenze per atto pubblico del 6 marzo 1477.
Il patrono è San Martino ma viene venerato anche San Remigio[non chiaro]. La parrocchia nel 1745 contava 116 abitanti, nel 1833 75. Risorsa economica locale è la coltivazione di olive.
Il patrono è San Michele Arcangelo ma vengono venerati anche San Genesio e San Rocco. La parrocchia di Agnino comprende le frazioni di Montecorto, Escarro e le villarie di Cavaglini (ex convento dei Padri Serviti), Luogo Pio e Ghirara. Oggi conta solo 150 persone ma nel 1854 contava 623 abitanti. Appartenne fino al 1797 al ramo dei Malaspina marchesi di Olivola.
Agnino è diventato famoso per la sua Sagra della Pattona che, dal 1975, viene ripetuta il giorno 25 agosto di ogni anno. La pattona o “patona” è un impasto di farina di castagne con acqua che steso su foglie secche di castagne viene cotto nel forno.
Situato in piena Lunigiana, a 460 metri sul livello del mare, il paese gode di una posizione panoramica: per questo la località è nota come paese dei 18 campanili poiché sembra che se ne possano scorgere in tal numero da questo borgo. Di qui passa la Strada provinciale che unisce Fivizzano a Licciana Nardi.
All’inizio del paese, appartata, si alza la chiesa di San Biagio, accanto alla canonica e al cimitero. In origine del XV secolo, venne fortemente rimaneggiata nel XVIII secolo e dopo il terremonto del 1920. La facciata è semplice, con timpano triangolare e portale in arenaria, fiancheggiata dalla modesta torre campanaria. L’interno a una navata è voltato a botte, con altari laterali in stucco, come l’altare maggiore.
La frazione o località di Panigaletto dista 3,32 chilometri dal medesimo comune di Fivizzano di cui essa fa parte.
La frazione o località di Pognana dista 1,10 chilometri dal medesimo comune di Fivizzano di cui essa fa parte.
Posizionata a 330 metri sul mare, protetta dai monti alle spalle su un pianoro che scende verso il fiume Rosaro, risente dell’aria che gira e si canalizza verso il passo del Cerreto, per cui è luogo di frescura e dall’aria salubre.
Giovanni Targioni Tozzetti nell’anno 1777 così la descriveva nella Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana: «Siccome il clima salubre, e l’aria purgata e sottile del luogo influisce sulla buona costituzione dei nervi, e sulla vivacità delle funzioni mentali, così Fivizzano ha sempre prodotto persone di ingegno elevato».
La frazione o località di Posara dista 1,94 chilometri dal medesimo comune di Fivizzano di cui essa fa parte.
Nei dintorni di Moncigoli, all’inizio del secolo scorso, sono state trovate due statue stele, del gruppo A, cioè del tipo più antico e meno antropomorfizzato, con il caratteristico viso a forma di U, entrambe di genere femminile. Queste sculture costituiscono una delle prime forme di manifestazione artistico-religiosa in Lunigiana e testimoniano come – nel periodo che va dal 3000 a.C. al 2500 a.C. – già esistesse in questi luoghi una prima comunità.
Il primo documento in cui viene citato il nome di Moncigoli riguarda il suo Castello e porta la data del 1078. Questo è l’atto relativo all’incastellamento di Soliera ed è stipulato tra il Vescovo di Luni, Guido II, e Rodolfo di Casola del ramo dei Bianchi d’Erberia.
Il 29 luglio 1185 le ville di Moncigoli, Agnino e Ceserano ed il castello di Soliera vennero concessi al vescovo di Luni con diploma dell’imperatore Federico I.
Si può sicuramente pensare che esistesse anche una comunità che abitava nel castello, e questa doveva essere abbastanza grande ed importante perché si trovano atti di diversi notai in Lunigiana che provenivano da Moncigoli, come Benvenuto (1201), Nicolosio (1250), Gerardo (1250), Buonaguido (1306), Guglielmo di Gio (1330).
La Frazione dista, in linea d’aria, 4.89 Km dal Comune di Fivizzano e 21.40 Km dalla Provincia di Massa Carrara.
Dista 93.98 Km dal Capoluogo di regione (Firenze).
Il comune di Fivizzano, a cui appartiene la frazione, confina con 10 comuni: Aulla, Carrara, Casola in Lunigiana, Comano, Fosdinovo, Licciana Nardi, Massa, Minucciano, Sillano Giuncugnano, Ventasso
Guardando verso nord è possibile scorgere il Piano di Collecchia con l’Arcinaso, verso est il colle del “Montale” e la zona di “Bargia”, verso ovest tutta la valle di Serricciolo e Pallerone, e i paesi di Podenzana e Bibola, mentre a sud si nota il paese di Ceserano e una magnifica vista delle Alpi Apuane.
Il paese si fece conoscere nel Medioevo per via della strada denominata “del Sale”, della quale Collecchia era una dogana. Della vecchia Collecchia rimangono oggi solo alcune parti delle torri difensive, a testimonianza dell’antico borgo fortificato.
Nel 1551 il paese contava 195 abitanti, 109 nel 1745, 180 nel 1833, e 241 nel 1845. La popolazione di Collecchia si è poi suddivisa negli abitati di Montevallese e di Piano delle Fabbriche, denominato poi Piano di Collecchia.
La chiesa di Santa Lucia è il principale luogo di ritrovo del paese, edificata nel XVIII secolo. Il campanile, che conserva la sua antichità, fu eretto da una delle vecchie torri. All’interno della chiesa troviamo una statua del XV secolo raffigurante santa Lucia in marmo bianco di Carrara.
Il patrono è Santa Lucia e il giorno festivo è il 13 dicembre.
La frazione o località di Verpiana dista 4,42 chilometri dal medesimo comune di Aulla di cui essa fa parte.
A gennaio, dal campanile scende la calza della Befana più grande del mondo, entrata nel 1989 nel Guinness dei primati con un’altezza massima di 25 metri. In febbraio si festeggia la sagra del chiodo di maiale.
Dell’edificio medioevale, ampliato e trasformato in dimora signorile, con facciata seicentesca, si sono conservati resti importanti: la porta, con tracce del ponte levatoio, due torri e parte delle mura.
Il castello è costituito da un grosso corpo di fabbrica pseudo rettangolare sul quale si innestano tre torri cilindriche e una quadrangolare. Nel versante orientale due semitorri cilindriche svolgono la funzione di torri di fiancheggiamento, mentre sul prospetto rivolto verso la Magra si trova una grande torre a base circolare, considerata da Ubaldo Formentini un domignone, ed una quadrangolare che sorvegliava l’accesso al castello sottoposto al passaggio di un ponte levatoio. Le strutture visibili all’esterno del castello sembrano risalire in prevalenza ai secoli XV -XVI e forse alcune di esse potrebbero essere datati al 1465, quando i marchesi di Villafranca ricostruiscono il castello con l’aiuto degli uomini di Licciana e Panicale. Agli inizi del secolo successivo sembrerebbero risalire le due torri cilindriche di fiancheggiamento che ricordano nella forma e nella tecnica costruttiva quelle del castello di Bastia facente parte, nel secolo XVI dello stesso feudo di Monti.